Un Partito utile al Trentino

Motore dell’Autonomia, laboratorio di democrazia, incubatore di idee.

UN PARTITO UTILE AL TRENTINO

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Il Partito Democratico del Trentino è nato spinto dal vento dell’entusiasmo: culture diverse si confrontarono e provarono a dar vita ad un Partito nuovo, aperto e inclusivo, portatore di una cultura di governo, forte di una vocazione maggioritaria ma non illusoriamente autosufficiente, sorretta da valori di solidarietà, equità, partecipazione, giustizia sociale, legalità.

Un entusiasmo sostenuto da centinaia di militanti attivi, amministratrici e amministratori locali, rappresentanti nelle Istituzioni democratiche, che decisero di agire – nella pluralità di visioni e di modalità di iniziativa politica – mossi da un comune sentire.

Quel vento, da diverso tempo, non sembra soffiare con la stessa forza. Anno dopo anno, l’entusiasmo è venuto meno: si sono perse per strada intelligenze e competenze di assoluto valore; i Circoli hanno smesso di essere il primo luogo dell’elaborazione e dell’azione politica; sono diminuiti progressivamente tanto il numero degli iscritti quanto i partecipanti ai momenti di consultazione aperta agli elettori. Troppo tempo e troppe risorse sono state sacrificate in cavillosi dibattiti interni, disinvestendo rispetto al lavoro di rappresentanza del territorio e dentro le comunità, peccando di un “egoismo politico” non giustificabile, ma soprattutto improduttivo e sterile: quando, al contrario, la politica dovrebbe essere un atto di generosità nei confronti della società.

Sul piano politico, nonostante il dato elettorale a livello provinciale non abbia subito drammatici cali, non possiamo non riconoscere la grande difficoltà del PD del Trentino ad esprimere una centralità nell’azione di governo della coalizione di centrosinistra autonomista. Venendo a mancare l’apporto di idee e di iniziativa del Partito, i rappresentanti istituzionali faticano – nonostante l’innegabile impegno – a dare coerenza, continuità e riconoscibilità alla loro azione, dalla Giunta al Consiglio provinciale: pesa l’assenza di una cornice entro la quale ricondurre le iniziative politiche, che pur ci sono, ma che non a caso fatichiamo a valorizzare.

L’analisi si fa ancora più critica se si considera la presenza sul territorio: tolte alcune validissime eccezioni, la capacità del Partito di incidere positivamente nelle dinamiche delle comunità locali è ridotta. Un Partito che nasceva con la volontà di rappresentare le cittadine e i cittadini trentini in ogni ambito della vita democratica e in ogni contesto territoriale, integrando centro e periferia in percorsi di crescita comune, ora sembra non essere più in grado di esercitare quel ruolo. Anche nei principali centri urbani, il motore del PD del Trentino sembra essersi ingolfato.

Il contesto politico è mutato, dal 2008 a oggi: i rapporti di forza interni alla coalizione hanno assunto equilibri diversi, alcuni partiti hanno cambiato nome e fisionomia, altri sono spariti dalla scena, altri ancora hanno iniziato ad esercitare una rinnovata volontà di rafforzamento.

Ma dal 2008 non è cambiata solo la politica e le forme della sua organizzazione: assistiamo ad un mutamento radicale del sistema economico, con gli effetti devastanti delle crisi finanziarie globali che proprio dal 2008 hanno impattato sulle economie nazionali e locali, definendo una nuova geografia del lavoro e dello sviluppo; della società, con tendenze demografiche di invecchiamento della popolazione e diminuzione della natalità, flussi di popolazione migrante sempre più complessi da governare, progressivo impoverimento di un ceto medio a rischio di vulnerabilità sociale; dei modelli culturali e dei processi di produzione e riproduzione dei saperi, legati in modo ormai inestricabile a tecnologie informatiche e comunicative in costante evoluzione.

Questa complessità – ed il suo impatto sulla comunità e il territorio trentino – impone un investimento straordinario in analisi, riflessione, elaborazione, al fine di comprendere le tendenze in atto e cominciare a costruire progettualità politiche che si concretizzino in azioni di governo. Per questo, nonostante tutto, servono “luoghi della politica”, ed è proprio nel Partito Democratico del Trentino che noi riconosciamo lo spazio principale nel quale è possibile realizzare questo investimento.

Perché il Partito possa tornare ad essere determinante nel delineare un orizzonte di stabilità, sviluppo e benessere per il Trentino, è necessario che sciolga al proprio interno un nodo che, dopo quasi dieci anni dalla sua nascita, sembra ancora irrisolto: quello dell’autonomia politica.

Autonomia come capacità di elaborare un’idea del Trentino e un progetto per il suo governo, per candidarsi in modo autorevole alla guida della coalizione in ragione di una altrettanto autorevole proposta politica.

Autonomia che permetta di interpretare al meglio le potenzialità della specialità istituzionale di questa terra e di condurre un processo di riscrittura dello Statuto che ridefinisca risorse e competenze rispetto allo Stato; che sancisca un’idea evolutiva della dimensione regionale; che riconosca nel progetto euroregionale una cornice irrinunciabile per l’elaborazione di politiche transfrontaliere condivise; che valorizzi gli Enti Locali riformando una Provincia ancora troppo accentratrice; che indichi uno sviluppo della partecipazione popolare come autogoverno responsabile e partecipato.

Autonomia rispetto alla dimensione nazionale del Partito, per ribadire le ragioni di un’Europa e di un’Italia delle Regioni e per concorrere allo sviluppo di un Partito realmente democratico e convintamente regionalista, che sia nel contempo popolare e riformatore: perché solo se il PD del Trentino sarà capace di avere un significativo mandato per il governo del territorio potrà essere fino in fondo il primo partito. Questo vuol dire autonomia organizzativa – pur riconoscendosi parte integrante nel processo nazionale e compartecipi della stagione riformista che l’Italia attendeva da anni inaugurata con il governo Renzi, e che va sostenuta a partire dalla riforma costituzionale – e regole democratiche che ne facciano un vero collettivo politico e non un semplice amplificatore della leadership nazionale. L’esercizio costante del collegamento tra il livello locale e quello nazionale ed europeo non è una contraddizione da risolvere a seconda delle convenienze, ma un impegno dialettico che costituisce l’essenza stessa del nostro Partito. Il PD del Trentino ha l’obbligo di dimostrare il valore dell’Autonomia per il buon governo del territorio nel contesto della governance multilivello europea.

Autonomia che non vuol dire arroganza e pretesa di autosufficienza, bensì capacità di costruire e guidare una coalizione che permetta di unire tutte le forze popolari e riformatrici del Trentino. Se derive neo-centriste e conservatrici sono davvero in atto – e quanto avviene in molti contesti locali e in diversi settori della società e dell’economia sembra purtroppo dimostrarlo – l’unico modo per contrastarle è aumentare il peso politico del PD del Trentino, attrezzandosi concretamente per riconquistare la perduta centralità.

Autonomia come originalità di un soggetto politico che, aperto alla partecipazione popolare, sappia però riconoscere la responsabilità della sua base sociale e del suo gruppo dirigente. Un partito rigoroso, ma aperto alla mediazione ed equilibrato, che sappia esercitare l’arte della decisione sapendo che “il mondo non è una griglia di parole crociate, nella quale non vi è che una sola soluzione corretta al problema”, come ha scritto Vaclav Havel, e aprendosi dunque al confronto con tutte le intelligenze che innervano la nostra comunità. Perché la partecipazione che non prevede la decisione è sterile, ma la decisione senza la partecipazione è un esito vuoto, inservibile.

Questo chiama in causa l’esigenza di darsi regole e metodi interni chiari e condivisi, ma soprattutto la consapevolezza, da parte di tutte e tutti, dagli organismi dirigenti alla base, del ruolo che il PD del Trentino ha e dovrà avere nel governo del territorio trentino e delle Istituzioni dell’Autonomia. La responsabilità dell’amministrare impone al Partito la capacità di alimentare autonomamente il dibattito interno, ma al contempo di supportare l’azione di governo a tutti i livelli, dal più piccolo Comune alla Provincia, valorizzando e supportando i propri amministratori: ricordandoci sempre che sono proprio le esperienze di amministrazione locale a rappresentare per i cittadini il primo esempio di impegno civico e il primo riferimento politico.

La capacità di rivendicare la guida politica dell’Autonomia passa attraverso l’elaborazione del ruolo del nostro Partito all’interno di un contesto istituzionale autonomo. L’Autonomia, infatti, non è una medaglia da esibire per sancire una alterità, ma una cornice di norme e valori dentro la quale è necessario agire continuamente in modo creativo, innovativo, responsabile. Il Trentino deve confermarsi ancora una volta all’avanguardia in Italia, interpretando un concetto di Autonomia come impegno ad un’azione definita su un territorio, sulle sue specifiche particolarità, con una “ricetta” politica ed amministrativa unica, che integri opportunità del tutto originali con l’affidabilità, il rigore, una forma di accountability responsabile di fronte ai cittadini.

Il PD del Trentino può contribuire a rompere la gabbia del “Trentino piccolo piccolo” di cui parlava Walter Micheli, uno dei tanti protagonisti della storia politica trentina che hanno saputo coniugare doti amministrative e visione politica. Lo possiamo fare perché questo Partito ha nel suo stesso mandato la definizione di una visione dell’Autonomia in chiave progressista e riformista, che vada oltre il localismo e il sindacalismo territoriale. Purtroppo in questi anni anche dentro il Partito sembra abbiano prevalso due opzioni, entrambe parziali e inconcludenti: la prima ha ritenuto opportuno abbandonare il campo di gioco, lasciando ad altri il monopolio di una politica “autonomista”; la seconda ha esercitato una forma di rinserramento valligiano che ha più a che fare con la costruzione del consenso personale che con la creazione di senso politico. Due opzioni che hanno portato ad un cortocircuito nel quale il PD del Trentino ha mostrato tutta la sua fragilità.

Questa mancanza di “identità politica” del Partito ha portato ad uno scontro frontale su temi centrali che hanno profondamente a che fare con la dialettica tra centro e periferie. Su una questione di importanza strategica come quella della salute, non aver chiarito il nodo di fondo della visione del Trentino sulla quale modellare ogni nostra proposta politica, ha portato ad uno scontro che ha lacerato il Partito e sprecato risorse umane preziose. Uno scontro vuoto, nel quale la vera questione – un’idea di salute che parta dagli individui e dai loro contesti di vita, che punti al superamento delle disuguaglianze, che elabori politiche integrate a livello di comunità in una logica di “costruzione sociale della salute” – è stata annichilita.

La forza del Trentino è l’essere una comunità laboriosa e solidale, aperta ad un dialogo con le culture più a nord e cerniera naturale con il Paese e l’area del Mediterraneo: una comunità che deve interpretare con lenti nuove il rapporto tra centro e periferie, città e valli, in una cornice territoriale chiamata a rispondere alle sfide globali di un mondo interdipendente con un paradigma che non può che essere denso di unità.

Non possiamo permetterci di mancare all’appello, lì dove si decidono le strategie di sviluppo del Trentino: un territorio caratterizzato da un capitale sociale importante – coesione, fiducia, spirito cooperativo, solidarietà – ma che dobbiamo essere in grado di usare come leva per stimolare la crescita economica, nella consapevolezza che la qualità del nostro sistema di welfare – nell’attuale modello di rapporti finanziari con lo Stato – è legata a doppio filo alla capacità di creare ricchezza. Sviluppo economico e sociale non si possono più considerare separatamente, come insegna il modello cooperativo di cui la nostra terra è innervata: la programmazione dovrà sempre più sostenere l’economia sociale come fattore di sviluppo sostenibile del territorio, scrive Giovanna Melandri nel suo ruolo di Presidente della Human Foundation.

Il PD del Trentino deve porsi l’obiettivo della rappresentanza di quei settori economico e sociali che spesso abbiamo rinunciato a considerare nella loro rilevanza politica, dall’agricoltura al lavoro autonomo e artigiano, ritornando nel contempo a riconoscere nel mondo della produzione industriale – intelligente e innovativa- un perno dello sviluppo: un Partito che rinnova sé stesso per cominciare a scrivere il racconto politico dei pezzi di società, economia e mondo del lavoro che più di tutti stanno innovando il nostro territorio, ma che non trovano adeguata rappresentanza. Decenni di investimenti nei settori dell’istruzione superiore e universitaria, della ricerca, dell’innovazione, hanno fatto del Trentino un territorio nel quale sono cresciute o sono state attratte competenze, intelligenze, professionalità elevate: un Trentino davvero “europeo”, addirittura “globale”, ma che fatica a valorizzare le proprie eccellenze e a trovare una sua narrazione condivisa.

Pensiamo ad un Partito che sappia ricostruire sé stesso attraverso una presenza diffusa sul territorio: non è una questione di norme statutarie, ma di sostanza politica, perché per essere territoriali bisogna prima di tutto essere in grado di agire all’interno delle dinamiche sociali, economiche, culturali e politiche che segnano la complessità del nostro territorio. Per farlo dobbiamo aprire luoghi di formazione che sappiano contaminarsi e contaminare il tessuto culturale trentino; occorrono amministratori, dirigenti e militanti inseriti in una rete coesa di rapporti; bisogna saper mobilitare la passione politica dei cittadini evitando pericolose derive autoreferenziali.

Nel paesaggio politico trentino c’è bisogno di un Partito come questo, che sia al contempo pragmatico e portatore di una proposta per il futuro, concreto e idealista, che sappia orientare e non inseguire l’opinione pubblica, capace di sconfiggere la vuota retorica di un cambiamento che si spera si compia da sé: se l’obiettivo è contendere la guida politica del governo del Trentino, questo Partito lo saprà fare solo e soltanto in ragione della sua capacità di iniziativa, della forza della sua proposta, della sua incisività.

Max Weber sosteneva che la politica è la vocazione di quelli che, anche quando ritengono il mondo troppo difficile da cambiare, non crollano e rimangono capaci di dire “non importa, andiamo avanti”. Il Partito Democratico del Trentino è ricco di persone con questa vocazione: senza attendere rivelazioni o imprimatur, noi vogliamo aprire spazi di confronto politico che liberino queste energie e le mettano al servizio del bene comune. Riconquistando il senso dell’azione collettiva, riportando la politica alla sua naturale condizione di fatto pubblico: per un Partito motore dell’Autonomia, laboratorio di democrazia, incubatore di idee. Un Partito utile al Trentino.

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