Capita a volte di vivere delle situazioni che portano riflessioni che all’inizio uno non si immagina.
Ieri sera, uscita dal Consiglio Comunale, mi sono diretta a piedi verso casa. Da palazzo Thun ho girato in via delle Orne e, poco dopo aver svoltato l’angolo, ho visto un ragazzo che con disinvoltura si slacciava i pantaloni per fare i suoi bisogni sul muro.
Il ragazzo aveva visto che passavo ma non si è fatto problemi ad andare avanti a fare ciò che voleva.
La disinvoltura o il senso di assenza di pudore mi ha portata, in pochi istanti, a chiedermi quante altre volte l’avesse già fatto…Della serie: “Chi vuoi che mi dica qualcosa?!”
Potevo continuare nella mia direzione, però credo che ciascuno abbia una responsabilità nel vivere come cittadino.
Mi sono fermata e gli ho chiesto come si permetteva, se gli sembrava normale.
Nel frattempo è arrivato un ragazzo di origine albanese e anche lui ha iniziato a rimproverarlo. Poi sono usciti da una pizzeria vicina alcuni camerieri, i quali hanno chiamato i vigili, mentre un altro ragazzo che passava teneva fermo l’autore del comportamento irrispettoso.
Dopo poco sono arrivati i vigili.
Prima di allontanarsi, il ragazzo albanese che per primo si era fermato con me mi ha guardata e mi ha detto: “In due ci siamo aiutati. Anche se non sono di qui, questa è anche la mia città”.
Penso a quando, 15 anni fa, guardavamo gli albanesi come a degli invasori: ora sono comunità integrate.
Le parole di quel ragazzo sono per me, spero anche per te che stai leggendo, un segno importante con cui guardare a nuovi arrivati, certo nel pieno rispetto delle regole. L’integrazione paga, nel tempo. Alla faccia dei governi che incitano all’odio.